Burlesque a Palermo

Perché il burlesque a Palermo?

Perché, a ben vedere, qui c’è sempre stato. Almeno dai tempi della Belle Époque.

Questa storia comincia a cavallo tra Ottocento e Novecento, in quei trecento metri che vanno dal Teatro Bellini al Teatro Santa Cecilia.

All’epoca, il genere del varietà e la moda del café chantant, importata da Parigi, avevano preso piede anche in Italia, in grandi città come Roma, Napoli e, appunto, Palermo.

Il Teatro Bellini proponeva in cartellone spettacoli di varietà “di prim’ordine” (come scriveva al tempo l’impresario specializzato Francesco Razzi), composti da numeri di diverse arti performative, dalle più acrobatiche alle più comiche.
Per chi al rigore della platea preferiva un tocco informale, c’era invece il Santa Cecilia, tempio del café chantant, la versione ancor più leggera e musicale del varietà, da godersi seduti al tavolo sorseggiando una bevanda.

Il successo di questo tipo d’intrattenimento proposto dai teatri del centro storico, aveva stimolato imprese simili in buona parte della città. Palermo si riempì di artisti provenienti da ogni luogo del mondo, che avevano calcato tutti i più grandi palchi delle capitali. L’offerta di intrattenimento divenne sempre più ricca e raffinata, tanto che nei decenni successivi lo spettacolo leggero divenne parte integrante della programmazione anche del Kursaal Biondo (Teatro Nazionale Biondo).

A cavallo tra i due secoli, la definizione di spettacolo leggero cominciò a includere altri generi come il music-hall e il cabaret, e più avanti il burlesque, il teatro di rivista e l’avanspettacolo.

Il meno conosciuto in Italia, almeno nel Novecento, fu proprio il burlesque.
E questo a dispetto della radice italiana del termine: quella “burla” che prima era alla base della poesia burlesca nostrana, e poi si fece spettacolo nel teatro burlesque francese, in quello inglese, giungendo infine negli Stati Uniti.
In ogni sua tappa, il burlesque prendeva le caratteristiche culturali del luogo, cambiando genere ma mantenendo un elemento fondamentale: quello della presa in giro, dell’ironia, dell’ammiccamento malizioso, talvolta persino della satira. Insomma, tutto ciò che sapeva portare a un sorriso, nella tradizione dello spettacolo leggero.

A metà del Novecento, il burlesque aveva perso la sua carica ilare e giocosa e al suo spirito originale si sostituì l’elemento seduttivo, che lo avvicinava agli intrattenimenti in voga nei locali per bon vivant delle grandi capitali mondiali. Quando arrivò in Italia, in quel periodo, la sua identità era stravolta, rispetto alle origini. Veniva chiamato con altri nomi e i motivi d’interesse per il pubblico erano limitati a ben pochi aspetti.

La sua rinascita, prima negli Stati Uniti e poi in Europa, avvenne quando il 2000 era già all’orizzonte. In quel periodo, la moda del vintage portò le nuove generazioni a riscoprire e ad apprezzare usi, costumi, musiche e spettacoli del passato.
Con questi, anche il burlesque tornò in voga, creando un ponte tra ieri e oggi, unendo le caratteristiche d’intrattenimento più scenico a una volontà di riflettere su alcuni aspetti della contemporaneità: costumi originali ed elaborati, musiche ricercate e coreografie d’impatto sono (perché ormai parliamo dei giorni nostri) la magnifica superficie di un tipo di spettacolo che ribalta canoni estetici e culturali.
E lo fa a suo modo, senza sermoni né toni divisivi, ma con un sorriso malizioso e la levità di una piuma colorata. Chi vuole, può scovare il sottotesto. Tutti gli altri si godono semplicemente uno spettacolo che, almeno per la sua durata, porta leggerezza nel cuore e bellezza negli occhi.

Da ormai più di vent’anni, il nuovo burlesque (o neo burlesque, come scrivono gli storici del teatro) miete successi in ogni luogo e in ogni forma: dal vivo in teatri blasonati e locali di tutto il mondo, Italia compresa, nei grandi variété Europei, in televisione (si pensi all’esibizione di Dita Von Teese nella serata di apertura del Festival di Sanremo del 2010), persino al cinema (dov’è stato assoluto protagonista del film Tournée, premiato con due Palme d’Oro al 63° Festival di Cannes).

I riconoscimenti “alti” sono la conferma del valore anche culturale del nuovo burlesque. Ma questo rimane comunque uno spettacolo assolutamente democratico, perché rende suo ogni tipo di palco e richiama un’ampia fetta di pubblico, dalle generazioni che vi riconoscono con affetto gli elementi dei varietà di un tempo, a quelle più giovani, passando per quelle che hanno vissuto in pieno la sua rinascita.

Concludendo, il filo rosso che lega Palermo al nuovo burlesque attraversa tre secoli di spettacolo leggero e almeno due continenti.
Un intrattenimento che ha visto i suoi primi successi lontano dal nostro Paese, ma che possiede antiche radici italiane.
Uno show che sa adattarsi ai tempi, alle culture, ai luoghi, e che parla a un pubblico sempre più ampio.
E lo fa, come un tempo, con la lingua della leggerezza.

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